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29.08.2022

Profilazione razziale

Un contributo di Elodie Luvenga


In questo breve articolo viene introdotta la tematica della profilazione razziale come esperienza quotidiana, la visibilità e l’invisibilità che caratterizzano questo fenomeno e infine le conseguenze che può avere sulle persone che ne sono colpite. Le informazioni riportate si basano su articoli accademici e di cronaca che trattano la questione sul territorio svizzero.  

Il concetto di “racial profiling”, in italiano profilazione razziale o profilazione etnica, nasce negli Stati Uniti. Con l’espressione profilazione razziale s’intende la perquisizione, l'interrogatorio, l’inquisizione, la detenzione o l'arresto di una persona da parte delle forze di polizia, dalle autorità e dalle istituzioni basandosi unicamente sulle apparenze fisiche, religiose, culturali (lingua, cognome) e/o sulla presunta origine del soggetto e “non in base a sospetti concreti” (admin.ch). Si tratta quindi di congetture e supposizioni in merito all’appartenenza di una persona ad un determinato gruppo, che s’impongono dall’esterno.  

  

La profilazione razziale come esperienza quotidiana 

Alcuni gruppi di attivisti suggeriscono che, per le persone razzializzate, essere profilati può essere un’esperienza quotidiana. Suddette perquisizioni possono infatti avvenire in ogni occasione della vita quotidiana di una persona soggetta a discriminazioni razziali1; sui trasporti pubblici, in bar e locali (El-Tayeb & Thompson, 311-312: 2019). Il tema della profilazione razziale ha acquisito una maggiore visibilità anche in Svizzera in seguito delle proteste del movimento Black Lives Matter (BLM), ma è da decenni che le organizzazioni per i diritti umani come “Amnesty international” a livello globale o “Allianz Gegen Racial Profiling” nel contesto svizzero cercano di denunciare il razzismo istituzionale esistente nelle forze di polizia (idem.).   

  

  

Il concetto di visibilità e invisibilità dei corpi razzializzati  

Un aspetto molto interessante introdotto da Wa Baile et. al. (9-10: 2019), e che invita ad una riflessione, è quello della visibilità e rispettiva invisibilità che caratterizza la profilazione razziale. Infatti, la profilazione etnica è particolarmente visibile perché, come già tematizzato nei paragrafi precedenti, avviene nello spazio sociale e pubblico. Al contempo il fenomeno della profilazione razziale rimane invisibile, poiché molte persone che non sono soggette a queste pratiche discriminatorie non percepiscono questi controlli come razzisti, ma come una salvaguardia della propria sicurezza. Di conseguenza, la profilazione razziale risulta invisibile perché viene compresa come qualcosa che è "normale" e permette a "tutti/e" di essere al sicuro (Wa Baile et al., 2019).   

  

Impatto individuale e collettivo della profilazione razziale  

Le conseguenze di queste pratiche sono enormi sulla salute mentale delle persone che ne sono colpite. Essere fermati/e e interrogati/e dalla polizia regolarmente porta la persona ad interiorizzare la percezione negativa con la quale il suo corpo è confrontato, e questo ha un impatto decisivo sulla salute mentale. Depressione e paure di persecuzione sono solo alcune delle conseguenze psico-sociali che interessano in particolare persone Nere, musulmane, Rom e Sinti (El Tayeb & Thompson, 2019: 318).  

I sociologhi Norbert Elias e John Scotson (1993)2 usano l’espressione Pars-Pro-Toto Fallacy per descrivere la situazione in cui il “gruppo dominante”, in questo caso la “società maggioritaria”, riproduce inconsciamente stigmatizzazioni e caratteristiche negative per un intero gruppo minoritario, unicamente in base al comportamento di pochi individui di quel gruppo.  

Il giurista Tarek Naguib, fondatore dell’Alleanza contro la profilazione razziale (Allianz Gegen Racial Profiling) si batte contro i controlli di polizia basati sulle apparenze fisiche e culturali. Naguib afferma che si tratta di un problema sistematico e strutturale, escludendo però l’opzione che venga attuato in maniera intenzionale.3 È per questa ragione che, per risolvere questo problema, è necessario decostruire le varie strutture sociali, politiche e di pensiero che rendono possibili questi pregiudizi e le conseguenti strutture oppressive. A questo proposito Naguib propone un approccio antirazzista interdisciplinare e collettivo a tutti i livelli, con l’obbiettivo di sensibilizzare la popolazione e le istituzioni al tema. È quindi necessario concentrarsi sulla risoluzione del problema a livello strutturale piuttosto che individuale.  

  

Percezione del fenomeno in Svizzera  

Da quando si parla di racial profiling in Svizzera? Si tratta di una domanda complessa e che richiede anche una riflessione su chi viene considerato quando si parla di “Svizzera” e quindi a chi è rivolta questa domanda. È quindi difficile esprimersi sulla percezione della popolazione in maniera “generale”, poiché per le persone razzializzate è un problema "da sempre" e quotidianamente esistente. Il tema della profilazione razziale è stato oggetto di studio e riflessione anche in Svizzera da almeno un decennio. Si può però notare un'apparizione più decisa all’interno del dibattito pubblico dopo l'omicidio di George Floyd e le proteste del movimento Black Lives Matter del 2020.  
 

Elodie Luvenga  

collaboratrice responsabile per “Memories of Racism” per la Svizzera italiana  
MA in Gender Studies all’Università di Vienna 
 


Fonti:

1. Racial Profiling, Baile, M. W., Dankwa, S. O., Naguib, T., & Purtschert, P. Sarah Schilliger (Hg.), 9-11.  

2. Alltagsrassismus, staatliche Gewalt und koloniale Tradition.  El-Tayeb, F., & Thompson, V. E, in: Racial Profiling, 311-328, 2019. 

3.  Racial Profiling, Erfahrung, Wirkung, Widerstand, von Kollaborative Forschungsgruppe Racial Profiling, 2019. 

4.  Razzismo in Svizzera - la profilazione razziale è un problema istituzionale in seno alla polizia, in: SWI, 2017. 

5.  Fonte della definizione di profilazione razziale .