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29.08.2022

La caccia alle streghe...

...e perché è un fenomeno importante da ricordare anche nel XXI secolo

Un contributo di Elodie Luvenga

 

Il tema della caccia alle “streghe” può sembrare fuori contesto all’interno di un progetto che vuole aumentare la consapevolezza delle persone verso temi come il razzismo e la discriminazione. Attraverso questo breve articolo scopriamo come, quando e in quale contesto si manifestò il fenomeno della caccia alle “streghe” in Europa ma anche nella Svizzera italiana. In un secondo momento invece, viene presentata una riflessione supportata da testi storici e accademici, sulla rilevanza che il tema della caccia alle streghe può avere ancora oggi.  

La questione della caccia alle “streghe” può essere confusa per una “battaglia tra i sessi”, che avrebbe visto le donne come principali vittime per mano degli uomini (Holmes, 1993). Questa tesi è stata però smentita da numerose/i storiche/i. Infatti, sia le vittime che i/le testimoni erano di sesso maschile e femminile (Barstow, 1988). Durante un colloquio con la storica ticinese Serena Barberis Bindella, che si è occupata della questione nel Baliaggio di Blenio su documenti del ‘600, ho potuto chiedere se nel contesto della Svizzera italiana, si potesse parlare della caccia alle “streghe” come una manifestazione di disparità di genere. Anche in questo caso mi è stato confermato che utilizzare la chiave di lettura della discriminazione di genere, risulterebbe riduttivo per comprendere appieno il fenomeno della caccia alle “streghe”.  

 

L’esistenza della stregoneria diabolica, esercitata dalle streghe per conto del diavolo, veniva studiata attraverso la teoria della demonologia, elaborata e creata da teologi ed inquisitori tra il 1250 e il 1450.  È invece tra il 1480 e il 1680 che il fenomeno della caccia alle “streghe” attraversa il suo momento più vivo. Attraverso trattati, prediche e raffigurazioni, nasce in tutta Europa la convinzione che ci sia una “setta” segreta diabolica che di notte si riunisce per celebrare dei riti satanici chiamati “Sabba”. Viene quindi interiorizzata e condivisa nell’immaginario collettivo l’esistenza di persone che sarebbero reclutate dal diavolo e che agirebbero in suo nome (Barberis Bindella, 2012).  

In Ticino i processi per stregoneria sono stati numerosi, e anche in questo contesto la stregoneria e la conseguente caccia alle “streghe” fu “inventata” per dare una spiegazione alle malesorti individuali e collettive; la morte di un/a figlio/a, un temporale, una malattia, un cattivo raccolto, la perdita di un animale (Levack, 2012). Si tratta quindi di un “quadro concettuale” che a quell’epoca permetteva di dare una spiegazione all’esistenza del male (Barberis Bindella, 2012).  

  

Ora che abbiamo capito a cosa ci riferiamo quando parliamo di caccia alle streghe, esploriamo in che misura queste dinamiche storiche potrebbero essere rilevanti anche nel ventunesimo secolo.  

Innanzitutto, è importante notare che, il concetto e il trattamento riservato alla stregoneria non erano accettati collettivamente e venivano messi in discussione costantemente da diverse persone (Levack, 2012). Lotman (2008) propone un’analisi molto interessante, dicendo che all’epoca era tipica la tendenza di associare l’“altrui” o lo “straniero” con il concetto di “principio soprannaturale maligno”(p.6). All’intera categoria dell’“altrui” venivano quindi assegnate delle caratteristiche negative comuni. Inoltre, “questo nesso si mantiene stabilmente nella coscienza di massa fino a tempi molto recenti, anche se non può non subire cambiamenti sotto l’influenza di modelli culturali più complessi.” (p.6). Le “streghe” sono quindi percepite dalla società maggioritaria come una “minoranza organizzata” per conto del diavolo.   

Come già espresso all’inizio di questo testo, le donne non erano le sole vittime della caccia alle streghe. Anziani/e, giovani, persone percepite dall’esterno di brutto o bell’aspetto, ricche e povere venivano stigmatizzate e accusate di stregoneria. È proprio questa caratteristica minoritaria a suscitare timori e paure nella società maggioritaria. Per Lotman (2008) è quindi la società che individua la parte più vulnerabile, in quest’epoca rappresentata specialmente dalle donne, designandola come maligna. Erano quindi i soggetti della società che avevano dei “tratti spiccatamente espressi” ad essere torturate e giustiziate con l’accusa di stregoneria (p.9). A questo proposito Lotman ci dice una cosa molto importante su chi invece è dalla parte dell’accusa: “Viene così a delinearsi anche il volto dell’accusatore: si tratta della massa di medio livello, priva di tratti marcati, che prova paura, odio e invidia nei confronti di coloro che possiedono una qualche qualità che salta all’occhio”(p.9).  

  

Il fenomeno della caccia alle “streghe” potrebbe quindi essere rilevante nell’analisi della nostra società odierna in riferimento alla stigmatizzazione e all’emarginazione alle quali possono essere sottomessi i vari gruppi minoritari.


 

Elodie Luvenga  

collaboratrice responsabile per “Memories of Racism” per la Svizzera italiana  
MA in Gender Studies all’Università di Vienna 
 


Fonti :

1. Holmes, C. (2019). Women, Witnesses and Witches. In The Witchcraft Reader (pp. 302-322). Routledge.  

2. Barstow, A. L. (1988). On studying witchcraft as women's history: A historiography of the European witch persecutions. Journal of Feminist Studies in Religion, 4(2), 7-19.  Reperibile qui. 

3. Barberis Bindella, S. (2012).  Demonologia e processi per stregoneria [Ebook] (p. 1). Casima: Monte Arte.  Reperibile qui. 

4. Levack, B. P. (2012).  La caccia alle streghe in Europa agli inizi dell'età moderna. Gius. Laterza & Figli Spa.  Reperibile qui. 

5. Lotman, J. M. (2008). La caccia alle streghe. Semiotica della paura. E/C.  Reperibile qui. 

6. Thomas, K. (2003). Religion and the decline of magic: studies in popular beliefs in sixteenth and seventeenth-century England. Penguin UK.  Reperibile qui.

 7. Barberis Bindella, S. (2022). Intervista con Serena Barberis Bindella [In person].