06.04.2018

La fede: dialogo tra due non credenti (parte 1)

Lucia - Guide en Route
Leandro - Guide en Route

 

Lucia

La fede non è mai stata parte della mia quotidianità. Sono cresciuta senza andare a messa la domenica e i regali di Natale li portava Babbo Natale. Ho vissuto gran parte della mia infanzia a San Diego, una città molto internazionale, quindi non ho mai notato una grande differenza tra le mie abitudini e quelle altrui prima di trasferirmi. Tuttavia, nel mio nuovo paesino ticinese non frequentare il corso di religione era un’anomalia.

Inizialmente non capivo perché non partecipavo, la fede era una concezione ancora molto astratta per me. Sapevo solo che i miei compagni avevano lezione e io ero in uno stanzino a disegnare. Fino al termine alla scuola obbligatoria ho visto i miei compagni credenti continuare a partecipare alla lezione di religione mentre io stavo fuori.

L’evento che più mi ricordo di quel periodo era la preparazione alla cresima. Molte volte chiedevo ai miei compagni di spiegarmi cosa volesse dire compiere questo sacramento. Le risposte variavano: alcuni lo facevano per tradizione, altri per una questione di vera e propria fede e certi per “i soldi della cresima”.  Tutti però sapevano in un modo o nell’altro che era un passo importante nella loro vita e nel loro rapporto con la Chiesa.

Penso però che se ora andassi a parlare con i miei compagni di allora, molti di loro si dichiarerebbero atei o agnostici. Il rapporto tra l’individuo e la fede nel XXI secolo è decisamente cambiato. Forse, la fede non è più una risposta adeguata ai nostri problemi?

 

Leandro

Non mi è difficile comprendere il senso di estraneità che questo genere di esperienza possa averti potuto provocare, tuttavia la mia risposta viene da uno di quei ragazzi che, come dici te, compiono sacramenti senza capirli, eseguendoli più come dei meccanismi sociali piuttosto che per quello che realmente rappresentano.

Sono stato cresciuto da due genitori con una fede “patchwork”: un padre che si professa agnostico e una madre la cui Bibbia funge da base per una statuina del Buddha, contornato da statuette di divinità pagane brasiliane. Ad ogni modo, fin da piccolo la fede cattolica mi è stata imposta, un po' attraverso la frequentazione delle lezioni di religione e un po' attraverso lo scautismo cattolico. Proprio a causa di queste imposizioni, probabilmente ho elaborato una sorta di resistenza a tutto ciò che è definibile come spirituale, fino a quando ho iniziato a frequentare lezioni di filosofia, che mi hanno aiutato a trovare un po' di risposte anche in questo ambito finalmente.

Penso che il mio caso sia simile a quello di molti altri giovani: in una società piena di stimoli, la fede non basta più come risposta per spiegare una complessità di idee e di moralità differenti data da diverse culture. Esiste tuttavia chi riesce ancora a trovare risposte nella religione. Queste persone, a mio parere, si dividono in due categorie: quelli che sviluppano una fede sufficientemente forte teoricamente da spiegare la complessità della realtà, e una seconda categoria che invece non si preoccupa di fare ciò. Una domanda alla quale non trovo risposta è quanto sia corretto il modo di procedere di questa seconda categoria.